Rif. Battisti - Monte Cusna - Casalino

A piedi         
  • Tempo di percorrenza: 6 ore
  • Difficoltà: E+ - Escursionistico+
  • Dislivello: in salita 500 m - in discesa 1350 m
  • Segnavia: segnato 615 - 607 - 625 - 635 - 633 - 609
  • Periodo consigliato: da giugno a ottobre
  • Tappa n.1 di Dalla Garfagnana a Bismantova

Dal Rif. Battisti 1751 m 612835E-4902132N il sentiero 615 risale verso N il crinale marnoso che separa le vallate dell'Ozola e del Dolo. Raggiunto il laghetto (asciutto in estate) poco prima del Passone (1839 m 613399E-4002833N, 0.20) si attraversa a sinistra il ruscello emissario imboccando il sent. 607, che punta al grande dosso erboso della Piella (che significava "abete", ma da tempo questo si è estinto in questa zona).

Si risale lungamente il monotono versante S della Piella, tenendo a sinistra il curioso ventaglio di erosione di un ruscello, che si allarga come una grande mano appoggiata sul dorso erboso. Raggiunto il crinale, la vista si allarga sulla sottostante val d'Asta, e in breve si raggiunge la sommità del M. La Piella 2078 m 612243E-4903962N (0.40-1.00), poco evidente, trattandosi di diversi dossi di un largo crinale allungato.
Si inizia a fare vari saliscendi tra affioramenti di rocce stratificate (arenarie di M. Modino) fino a superare l'arrivo di una seggiovia, 2060 m 611903E-4904368N (talvolta funzionante in estate) che sale dalla stazione turistica Alpe di Cusna al Rescadore di Febbio.
Si prosegue lungo il crinale aggirando a sinistra il caratteristico torrione detto Sasso del Morto 2079 m Dopo uno spettacolare tratto sul crinale degli strati arenacei, una discesa sul versante S ci avvicina al maestoso versante E della vetta del Cusna, su sentierino stretto e insidioso tra roccette e alti ciuffi di brachipodio.
In questa zona erano state immesse negli anni '70 dalla Forestale un gruppo di marmotte, che hanno prolificato e non è raro sentirne i fischi di allarme e individuarle dietro i sassi o davanti alle loro complesse tane.
Al termine della discesa ci ritroviamo sulla gola del Gigante, alla Sella del Cusna 2010 m 611339E-4904844N (0.40-1.40).
Da qui chi non se la sente di affrontare il ripido sentiero di cresta per salire alla vetta, può trovare un'alternativa (sicura solo in assenza totale di neve) nel sentierino (segnato come 607A) che si avvia a destra della sella, percorrendo il versante NE del monte. Si supera una fonte (non più perenne) e si continua con saliscendi lungo una traccia molto stretta, sospesa sul grande circo della Borra. In breve però si raggiunge il largo crinale N del Cusna, incrociando i Segnavia dei sent. 617 e 619, che si seguono a sinistra in salita ripida ma su larga costa erbosa senza più difficoltà fino in vetta (si allunga il tempo di 20').
Si inizia ora a salire sul "mento" poi sul "naso" del Gigante. Infatti il sentiero si inerpica subito ripido su uno spallone, una sorta di anticima, con alcuni tratti ripidi tra gli strati di arenaria.
Superato il "mento" si attacca l'ultimo strappo per salire fin sulla vetta, la punta del "naso" del M. Cusna 2120 m 611121E-4904976N (0.20-2.00). Sulla vetta si erge una alta croce metallica.
Nome non di origine etrusca come ipotizzato in passato, si fa risalire ai secoli bizantini, dal greco "Cùsinon", oggetto appuntito, termine sopravvissuto in Abruzzo per utensili casalinghi: lo confermano i documenti dei secc. XV-XVI che lo scrivono "Cùxini" e "Cùsina". Il panorama si stende su tutto l'arco alpino se limpido, o almeno sulle vette dell'Appennino tosco-emiliano e sulle Alpi Apuane. La vetta è sicuramente la più frequentata di questa fetta di Appennino, il richiamo del più alto è irresistibile, anche se qualche eccesso viene da bici e moto, o da escursionisti improvvisati ingannati dal facile accesso in seggiovia al vicino Sasso del Morto. Il morto in questione era il gigante, o meglio un pastore molto grosso venuto da lontano e stabilitosi in Val d'Asta per proteggere i pastori locali dai soprusi e dai pericoli, dai lupi e dagli orsi: un gigante buono, che però invecchiava anche lui, e morendo si distese a proteggere ancora la valle da lassù, formando il torrente Secchiello con le sue lacrime.

Dopo una sosta adeguata al celebre monte, ci si avvia verso la discesa sul versante opposto a quello di salita, seguendo i Segnavia del sent. 625 sul bordo del crinale diretto a NW. Lasciato quasi subito a sinistra il sent. 627 si segue il crinale che volge verso N allargandosi in una discesa ripida ma mai difficoltosa.
La prateria scalinata dal secolare pascolamento delle greggi, terminato solo da una ventina d'anni, ha oggi lasciato il campo alla ricostituzione di una prateria più omogenea. Nella discesa, sempre seguendo i segnavia, si percorre il crinale spartiacque tra la val d'Ozola e la Val d'Asta, tendo in fronte la cresta del M. Cisa.
Al termine del crinale si perviene alla larga sella delle Prese 1775 m 610922E-4906162N (0.40-2.40).
Qui incrociamo il sent. 623. Seguiamo invece ancora il sent. 625, che risale verso sinistra (NW) il dosso del Pòrtolo, in pratica facente parte del M. Bagioletto. Occorre fare molta attenzione ai Segnavia in caso di nebbia, visto che attraversiamo il vasto dosso di un altopiano. Pian piano caliamo verso W inserendoci su una carraia e scendendo rapidamente lungo tratturi paralleli causati dai fuoristrada, poi rinaturalizzati con gran dispendio di risorse, con pali in castagno, riempimento di fossati, ricostituzione della cotica erbosa, assai difficile a queste quote. Infine "atterriamo" sul vasto ripiano prativo dei Prati di Sara 1634 m 609658E-4906545N (0.30-3.10).
Il più evidente e maestoso dei piccoli altopiani che nell'alta Val Secchia sono impostati sugli strati di arenarie del Cervarola, prendono il nome da un personaggio tra storia e leggenda, una governante, e si dice concubina, di uno dei marchesi Bernardi di Piolo, che possedettero Casalino da metà XVII sec. a fine Settecento, e che fu ricompensata con questi vasti pascoli. Dominati dai dossi arrotondati del Bagioletto e del Cusna e affacciati sui profondi Schiocchi dell'Ozola, la forra più maestosa e profonda della valle, i Prati di Sara sono uno dei luoghi più affascinanti della valle del Secchia, soprattutto in primavera e in autunno, quando i colori della fioritura e del fogliame dei faggi secolari contrastano con il cielo e i laghetti luccicanti.
Si lascia qui il sent. 625 (che porta direttamente a Casalino per chi ha fretta) per imboccare il sent. 635 che parte all'estremità S della conca, guardando a sinistra oltre il piccolo Lago del Caricatore. Un palo segnaletico segnala l'imbocco nella faggeta del sentiero. Presto si scende serpeggiando nella valletta del Rio Lavacchiello, che si segue poi lungamente sul versante destra idrografico, perdendo costantemente quota. D'improvviso ci accostiamo al bordo del dirupo degli Schiocchi dell'Ozola, e continuiamo a discendere ora ripidamente su mulattiera sulle stratificazioni delle arenarie del Cervarola.
Percorriamo un esile cresta che di fronte a noi s'innalza nel dosso roccioso spettacolare, detto Schiocco Nero. Detto così probabilmente per la presenza da sempre sui suoi ripidi dirupi di una colonia di abeti bianchi, mai tagliati dall'uomo per la loro posizione, ma che al confronto con il verde o il giallo di faggi, aceri e frassini intorno, appaiono tutto l'anno come macchie scure.
Raggiunto il piccolo valico ai piedi dello Schiocco Nero, il sentiero scende a sinistra di esso, nella valletta del Lavacchiello. Dopo un bel tratto in leggera discesa, si inizia a calare molto rapidamente nella faggeta ad alto fusto, facendo attenzione con terreno bagnato. A sinistra si possono notare i salti d'acqua delle cascate, che quasi asciutte in estate offrono il meglio dopo le piogge autunnali o allo sciogliersi della neve tra maggio e giugno. In un punto della discesa si possono vedere tutte e 5 le cascate, due sul Canale del Lavacchiello, tre sul prospiciente Fosso Lama Cavalli. Al termine della dura discesa si guada il Lavacchiello e ci si porta ad attraversare il Lama Cavalli ai piedi della cascata più spettacolare e accessibile, che fa parte delle cascate del Lavacchiello 1280 m 609107E-4905686N (0.40-3.50), e come tali denominate anche sulla carta ufficiale IGM.
Quelle che vediamo sono solo i salti delle cascate superiori, mentre le più alte sono i due altissimi salti che il Lavacchiello compie più a valle, per precipitare nell'Ozola con un dislivello di circa 200 m. Ma dal 1920 tra le cascate alte e le basse l'acqua viene deviata nel lago di Presa Alta a fini idroelettrici, quindi le cascate inferiori sono visibili solo quando la portata supera la capacità del tubo di presa, generalmente tra aprile e maggio, allo scioglimento della neve, o in caso di piogge consistenti autunnali. Gli strati di arenaria che sono incise dai due torrenti sono costellati da antichi gusci di molluschi di fondali marini e spiagge di 20 m.a., l'età della formazione del Cervarola, nella facies denominata "membro degli Amorotti o del Dardagna".
Dopo una doverosa sosta, si riprende il sent. 635, che costeggia il Lavacchiello, lasciando le prese in basso a destra. Ci si affaccia all'improvviso sulla profonda val d'Ozola, intuendo a destra il salto quasi sempre asciutto delle cascate inferiori. Il tracciato ora segue il sentiero di ispezione delle prese costruito seguendo le tubazioni in galleria. La discesa avviene con ripide serpentine, protette da cavo metallico, fino ad attraversare uno scivolo di detrito marnoso al piede di un alta parete, portandosi infine al fondovalle. Ora si tratta solo di guadare il torrente Ozola su grandi massi, per riprendere a salire ripidamente a tornanti all'edificio dei guardiani della diga e infine al parcheggio della Presa Alta (0.20-4.10).
In questa gola fu decisa nel 1920 la costruzione di una diga con l'invaso più alto del complesso idroelettrico: si può seguire per poco la strada a sinistra e superare la grande casa dei guardiani, oltre cui si inizia a intravedere tra i faggi il piccolo lago di un colore blu intenso, fino a raggiungere il ponte sull'Ozola a monte dell'invaso, dove un fonte e una sbarra indicano l'inizio dell'alta val d'Ozola. Mentre durante la costruzione della diga e delle opere connesse solo la mulattiera e la ferrovia "decauville" vi giungevano, negli anni '60 fu costruita la strada forestale che da Ligonchio per Tarlanda e il Passo del Gatto raggiunge tuttora, persino asfaltata quasi del tutto, la sbarra che riserva solo per lavoro l'accesso all'alta valle. Tornati allo sbocco del sentiero, si raggiunge il vicino parcheggio panoramico, con tettoia e pannello naturalistico sul lupo.
Si segue la strada pianeggiante per un quarto d‘ora, trascurando i Segnavia 635 che scendono a destra anch'essi a Ligonchio. Si sege invece integralmente il tracciato della ex ferrovia decauville degli anni '20. Poco prima di una salita si scende allora a destra sul sent. 633 ad un tavolino in legno e una passerella sul Rio Rimale: da qui si segue il tracciato sempre in piano degli antichi binari, con uno spettacolare tracciato scavato spesso nella roccia degli Schiocchi, la profonda forra scavata dall'Ozola. Si incrocia infine la strada asfaltata in località Tarlanda 1250 m (0.40-4.50).
Se proseguiamo diritto il tracciato presto termina oggi presso ripetitori, ma in passato qui era la stazione di arrivo della ferrovia, con una piattaforma girevole visibile fino a pochi anni fa assieme a diversi vagoncini. Qui si scambiava il carico tra la "decauville" e la ferrovia a cremagliera che scendeva alla sottostante Centrale idroelettrica di Ligonchio (i binari vi sono ancora, a differenza della "decauville" in piano). Ancora qui a Tarlanda vi fu un'importante postazione dei partigiani durante il 1944 e soprattutto il 1945, a difesa della Centrale di Ligonchio, che fu salvata dalla distruzione per mano tedesca.
Prendiamo la strada asfaltata in discesa fino a poco oltre il sottopasso delle tubazioni e della cremagliera: allora si segue a destra il sent. 633 che nel bosco e tra siepi raggiunge in breve Ligonchio di Sopra (0.40-5.30).
Ligonchio sorge ai piedi del Monte della Croce diviso in tre borgate (La Ruga, La Valla e Ligonchio di Sopra) poi unite da una cortina di abitazioni sorte lungo la strada provinciale costruita negli anni '20. Il toponimo poco usuale viene fatto risalire a radici liguri o bizantine, e fu reso scritto in diversi modi nei secoli, anche se il termine dialettale Algùnc sembra il più fedele all'origine. Il castello (ora scomparso, ma ritenuto per tradizione posto sulla cima del Monte della Croce, che domina il borgo) con il suo territorio fu donato alla Badia di Frassinoro nel 1076 da Matilde di Canossa, poi fu dominato dai Dalli di Piolo fino alla costituzione dello Stato Estense. I lavori del complesso idroelettrico iniziarono nel 1919 e durarono quasi 10 anni per il completamento di due centrali (Ligonchio e Predare), alimentate dai bacini dell'Ozola e dei suoi affluenti, mediante opere di presa e condotte, costruite con l'aiuto di una ferrovia a cremagliera da Ligonchio a Tarlanda, poi scavata sui fianchi degli Schiocchi fino alla Presa Alta, lo sbarramento più alto. Per i primi anni non esistevano strade, e in attesa della loro costruzione i materiali venivano inviati a Ligonchio da una lunga teleferica da Busana e Cinquecerri, che fu utile anche per portare gli aiuti dopo il terremoto del settembre 1920. In uno degli edifici dismessi dalla centrale ha trovato posto per alcuni anni un centro visita del parco regionale del Gigante, e vi è in progetto una sede del Parco nazionale. La centrale stessa oggi è aperta a visite guidate e ospita un'interessante esposizione storica, oltre ad eventi culturali.
Si scende davanti all'ingresso della Centrale e si imbocca a destra di essa il sent. 609-SSP che ne costeggia il bacino e scende poi ad incrociare le provinciali sottostanti. Dopo il mulino ristrutturato si risale su strada a Case Bracchi 875 m (0.30-6.00), borgata bassa di Casalino, e sede della vecchia scuola ora ristrutturata ad ostello.
Casalino è un piccolo borgo raccolto ai piedi del castagneto secolare, e fu sempre villa dipendente da Piolo. Nel 1631 anche qui fu dedicato un oratorio a S. Rocco, come ringraziamento per la fine della peste. Solo nel 1819 fu elevato a chiesa parrocchiale. Alcuni edifici recano date tra il XVI e il XIX sec., raccolti attorno a corti e sottopassi. La trattoria "25", dal numero del sentiero, ora 625, che parte per i Prati di Sara e il Cusna, ha ravvivato il borgo. A Case Bracchi sono visibili molte aie lastricate ed edifici di grande interesse su via del Lavatoio.

Pernottamento: Ostello dei Balocchi (Casalino - Case Bracchi) Tel. 347/4878744 - 347/0475779, www.ostellodeibalocchi.it, info@ostellodeibalocchi.it , Locanda del 25 a Casalino Tel. 0522/899302 - 335/6128190, www.locandadel25.it
Altre possibilità a Ligonchio (Albergo del Lago, Tel. 0522/899118)
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