Storia e attualità nel Centenario dei parchi: un Made in Italy per la transizione ecologica

( Sassalbo, 19 Ottobre 2022 )

Celebrazioni e anniversari sono importanti per le persone e anche per le istituzioni.
È utile-periodicamente-sostituire all'agenda quotidiana, un tempo dedicato a festa e anche di riflessione retrospettiva e di prospettiva, che consenta di capire chi si è, dove si è e dove si sta andando. Anche istituzioni relativamente giovani come i parchi ne hanno bisogno. 

Celebriamo cent'anni di tutela della natura.

Cento anni fa nascevano i Parchi Nazionali di Abruzzo e Gran Paradiso, capostipiti del sistema italiano di aree protette che include oggi 25 Parchi Nazionali e oltre 150 Parchi Regionali.

Visti in retrospettiva, da una contemporaneità liquida e frenetica come la nostra che brucia il tempo e schiaccia sull’attualità più stretta il senso di ogni cosa, cento anni sono davvero uno spazio inconsueto al nostro pensiero. Ma proprio per questo ancor più utile e illuminante, persino indispensabile, perché -è vero, come è stato scritto che “lo svantaggio di chi non conosce il passato è che non può conoscere neppure il presente”.

Nati in un difficilissimo dopo guerra (1922), con un imprinting che annovera tra le firme il nome di Benedetto Croce, i primi parchi italiani in verità sono venuti al mondo, ben  50 anni dopo Yellowstone e la creazione dei grandi Parchi Americani. Quel modello americano -tutt’ora in auge e ben ripreso  in gran parte dei continenti e dei paesi coloniali poi in via di sviluppo,- in Italia ha dovuto misurarsi con una realtà molto diversa : con territori e ambienti ricchi e diversificati ma anche da secoli abitati, attraversati, coltivati, scambiati,  vissuti, e in sostanza plasmati da successive ondate di civilizzazione e presenze umane: campi, pascoli, boschi, coste spiagge, villaggi, piccole comunità e proprietà secolari nel succedersi di generazioni e migrazioni. Ciò ha fatto la differenza, sia nel cammino che negli approdi. Dopo un secolo, con periodi di stallo e parziali passi avanti, dopo la grande crescita della società Italiana del dopoguerra, ci troviamo ad avere oggi, negli anni duemila, un vero serio e strutturato sistema di aree protette, come nei paesi più avanzati del mondo.

Questo sistema è pieno di problemi, naturalmente, ma è tuttavia solido e soprattutto corrisponde davvero alla diversità geologica, biologica e antropologica dell’Italia e alle interazioni tra queste dimensioni.

Il sistema Nazionale dei Parchi non è un’imitazione del sistema nato in altri paesi, ma ha creato esperienze davvero originali, una sorta di unico e inimitabile Made in Italy di ambiente e paesaggio. Il Parlamento (e va riconosciuto il merito) ha avuto un ruolo decisivo: nei primi anni 90 ha saputo creare la legge quadro 394/91, che ha fatto tesoro delle esperienze fino ad allora condotte e le ha rilanciate in una visione strategica e di lungo periodo.

Trent’anni dopo gli obiettivi fondamentali lì enunciati si possono dire raggiunti, a partire dalla difficile tutela della biodiversità. Nelle parti in cui non sono raggiunti rimangono tuttora validi. Davvero questo non è poco: una legge non viene attuata solo perché è buona, soprattutto se è una legge che impatta significativamente tanti territori; bisogna anche che ci sia qualcuno -persone e istituzioni- che ci crede e che la vuole applicare, realizzare; questo è quello che è effettivamente accaduto. 

Le associazioni ambientaliste in questo specifico campo, hanno combattuto e vinto tante distinte battaglie culturali e politiche nei territori. Ne va dato atto. Su questo tema, l’approccio ecologista, rimasto minoritario su altri, ha saputo incontrare territori, alleanze, altre storie e altre dimensioni del vivere oltre quelle puramente naturalistiche e fecondare altre visioni e progetti di vita e sviluppo di persone e comunità.

Cent'anni sono stati sufficienti per affermare confermare a lungo termine il valore della loro missione, effettivamente portata avanti con successo, nella tutela di biodiversità ed emblematiche specie a rischio di estinzione.

 Ora questa missione proprio mentre si conferma sta cambiando. 

Quando sono nati i primi parchi la sfida mondiale dello sviluppo sostenibile non era neppure all’orizzonte. Non c’era un ministero dell'Ambiente, non c'erano agenzie dell'ambiente, non c'erano associazioni ambientaliste non c'erano neanche assessorati all'ambiente nei comuni, nelle province, nelle regioni, tanto meno conferenze internazionali dedicate. Oggi i parchi agiscono in un contesto (auspicabilmente un concerto) ampliato a tutti i livelli. I parchi non sono più soli nell'essere pilastri istituzionali nella missione legata all'ambiente e alla natura. Oggi comuni, Unione Europea, istituzioni fino all'ONU; ma anche i più grandi centri dell'imprenditoria, della scienza e della cultura hanno al centro l'obiettivo della sostenibilità. Non c'era, quando sono nati i parchi, il cambiamento climatico in corso, non c'era l'aumento delle temperature e delle sue pesantissime conseguenze sulla vita del Pianeta. Oggi la missione dei parchi è sicuramente meno solitaria di un tempo, ma si misura con un obiettivo, delle difficoltà e una sfida infinitamente più grande, rispetto alla quale il tema della collaborazione e delle sinergie con le altre istituzioni diventa assolutamente essenziale, pena il rischio di marginalità.

Oggi in pieno Green Deal, in pieno PNRR il Centenario dei Parchi Italiani può “festeggiare” l’esito positivo di un’intera storia di conflitti e faticosi successi. Il centenario può essere, anzi DEVE essere, l’occasione per porre al Governo e al Parlamento la candidatura del Sistema dei Parchi Nazionali e Regionali ad essere pienamente, a pieno titolo, come i comuni, le provincie e le regioni e con tutti gli strumenti necessari, protagonista delle strategie del Paese avviate col piano nazionale di ripresa e resilienza. Una transizione ecologica che aspiri ad essere tale - superando paradigmi tecnocratici ha bisogno di territori, popolazioni, istituzioni protagoniste e partecipi. In tal senso i parchi sono un patrimonio di risorse idee e relazioni; sono culturalmente pronti. Devono poter meglio e più direttamente partecipare alle concertazioni territoriali, nelle aree interne e tra queste e le città; e altresì ai bandi che hanno per oggetto obiettivi di sostenibilità; e ancora di più alla ricerca di personale e risorse umane giovani qualificate, cui finalmente sono state aperte le porte a vari livelli della pubblica amministrazione ma non ancora nei parchi... Un centenario da celebrare con orgoglio sì! e una forte proiezione all’attualità.

Fausto Giovanelli 
Presidente Parco Nazionale Appennino tosco emiliano

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Un parco tra Europa e Mediterraneo

L'Appennino che si innalza tra il mare di Toscana e la pianura dell'Emilia, respira le arie dell'Europa e quelle del Mediterraneo.
Il Crinale corre sul filo dei 2000 metri.
È un sentiero, sospeso tra due mondi che nelle 4 stagioni cambiano, ribaltano e rigenerano i colori, le emozioni, i profumi e le prospettive.
Si concentra qui gran parte della biodiversità italiana favorita dalla contiguità della zone climatiche europea e mediterranea.
Oggi sempre di più sono turisti ed escursionisti, con gli scarponi, con i bastoni, con le ciaspole o i ramponi, con gli sci e con le biciclette. Ognuno può scegliere il modo di esplorare questo mondo, da sempre abitato e vissuto a stretto contatto con la natura e le stagioni che dettano ogni giorno un'agenda diversa.

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