Genova ferita – l’alluvione del 4 novembre

Riflessioni di Lino Giorgini, Presidente Cooperativa-paese Sologno, residente a Genova

( Genova, 08 Novembre 2011 )

“Forse l’avremo violentata madre natura, con l’inquinamento, con il disordine edilizio, col consumismo miope, certo vedere ciò che si è visto a Genova il 9 ottobre genera un senso profondo di disagio con un misto di impotenza e di rabbia che vanno sempre di pari passo”:  questo diceva, nel lontano 1970, l’allora sindaco di Genova Pedullà all’indomani  della disastrosa alluvione del torrente Bisagno che oltre ad aver sconvolto la città aveva pure provocato  25 morti. Oggi  i morti  sono molti meno, ma non è una buona ragione per non indignarsi all’indomani di un alluvione che ha avuto la stessa identica dinamica. E' pur vero che il meteo sta cambiando, che più che piogge abbiamo monsoni, che ci stiamo tropicalizzando, ma tutto questo non ci esime dall’aver cura di un contesto urbano che oramai conosciamo come killer potenziale.  Queste le considerazioni nel corso delle telefonate tra noi montanari reggiani che da tempo  viviamo a Genova senza mai esserci dimenticati delle nostre origini. Molta parte della nostra comunità abita proprio nei quartieri colpiti di Marassi e Quezzi che sono quelli costruiti negli anni dal dopo-guerra ai 50/60, in coincidenza con il grosso dei nostri moti migratori: un’edilizia disordinata, priva di un disegno razionale, avulsa dal contesto territoriale idrogeologico.  Occorreva ospitare in fretta tanta gente che, in fuga dalla miseria dell’agricoltura povera, si lasciava attirare dalle certezze del lavoro dipendente e rivendicava il diritto ad avere un futuro.  Quartieri, dunque, ostaggio di una speculazione che non voleva e non poteva fare i conti col buon senso e che oggi, così come nel 70’, presentano un tragico conto da pagare. Un giro di telefonate dunque, due parole nel nostro dialetto per dirci che è veramente un peccato vedere in quella che ormai consideriamo come la “nostra città” tanta prostrazione e tanto dolore, ma è solo un attimo poi “maniche rimboccate” come sempre da buoni montanari e pronti a continuare a considerarla come patria acquisita, oggi ferita ma non per questo meno bella ed accogliente".

Lino Giorgini, Presidente Cooperativa-paese Sologno, residente a Genova

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